domenica 29 settembre 2013

1200 a.C. GUERRA DI TROIA



Sulla collina di Hissarlik sorge la mitica Troia, la città che la leggenda vuole fondata dall’eroe Dardano, figlio di Zeus, e ricostruita dal nipote Troe, sede dei regni di Ilo, di Laomedonte e di Priamo. Fu durante
il suo regno che gli achei, guidati da Agamennone, la cinsero in un assedio durato nove anni per vendicare l’offesa recata da Paride con il ratto della bella Elena e terminato con la sua distruzione grazie all’astuto stratagemma del cavallo di legno escogitato dal prode Ulisse. In realtà sotto lo strato della Troia immortalata da Omero si nascondevano ben altre otto stratificazioni che ne testimoniano la nascita nel III millennio a. C., l’evolversi nel corso dei secoli fino alla decadenza e all’arrivo dei romani nel 400 d.C.
Nel III millennio a.C. Troia è un insediamento fortificato, campo sosta sulle strade dei mercanti di metalli preziosi provenienti dall’Asia. Dalla collina della Troade si poteva controllare sia la via marittima sullo stretto dei Dardanelli sia le piste via terra. La città, mai popolosa, assume nel passare dei secoli l’aspetto di una roccaforte, che viene chiamata anche il “Pergamon” di Ilio.
L’opera di architettura di maggiore rilevanza è il “megaron”, una grande camera rettangolare con al centro il focolare, palazzo dei sovrani e sala di consiglio, spesso ornato di pitture, con pavimenti in pietra, dotato di grandi magazzini-forzieri per le provviste, le armi e i tesori. Il “megaron” è di origine minoica e sarà il modello per i primi templi arcaici.
Dopo un periodo di stasi, Troia diventa nel II millennio a.C. un’importante cittadella che intrattiene rapporti commerciali con tutto il mondo egeo ed asiatico.
Nel XV sec. a.C. la città viene dotata di mura imponenti, alte fino a 8 mt e dallo spessore di 5 mt. Si suppone che a quell’epoca si sia svolta la “guerra di Troia”. In quel periodo un violento terremoto scuote le fondamenta della città, che stenta a riprendersi.
Tra il X ed il V sec. a.C. Troia subisce l’invasione di popolazioni balcaniche e dei greci Eolici (nel VII sec. a.C.). In seguito viene conquistata dai Persiani di Serse (480 a.C.).
Sarà Alessandro Magno a liberare la città nel IV sec. a.C., quando varca i Dardanelli per iniziare la sua trionfale marcia di conquista sui regni di Oriente.
Decaduta come cittadella strategica, in epoca ellenistica e romana, Troia si trasforma in una specie di luogo di pellegrinaggio: i Greci vi si recano per rendere omaggio agli antichi eroi achei e argivi - Achille e Aiace - mentre i Romani - Giulio Cesare, Augusto, Adriano - vi onorano il leggendario progenitore della stirpe romana, Enea, genero di Priamo.
Nel periodo bizantino, Troia diventa per breve tempo sede episcopale, ma poi, inesorabilmente, sull’antica Ilio cala il silenzio.
Lucano (I sec. d.C.) narra in “Pharsalia” della visita di Giulio Cesare al sito che si credeva Troia:

“Cesare fa il giro degli avanzi famosi dell’arsa Troia e cerca le grandi vestigia delle mura di Febo. Ora sterili arbusti e tronchi di quercia imputriditi sono cresciuti sulle case di Assaraco e occupano i templi con radici già allentate; di sterpi sono ricoperte le rocche di Pergamo.” Alla vista delle rovine Cesare “fece improvvisare un’ara di zolle e sui fuochi dell’incenso sparso preghiere destinate a essere esaudite: (...) grati gli Ausonidi restituiranno a loro volta le mura ai Frigi e risorgerà una Pergamo romana.”
Plutarco (I - II sec. d.C.) in “Alessandro” descrive la visita di Alessandro Magno a Troia, prima della conquista dell’Asia:

“Salito ad Ilio fece un sacrificio ad Atena e libagioni agli eroi, poi cosparsosi d’olio con i compagni, nudo, girò attorno di corsa come si usa, alla stele di Achille.”

Anche Arriano  (I - II sec. d.C.) nell’“Anabasi di Alessandro” ricorda il sacrificio del macedone a Troia prima di proseguire nelle sue guerre di conquista:

“Giunto a metà del passaggio dell’Ellesponto, immolò un toro a Poseidone e alle Nereidi, versando libagioni da una tazza d’oro nel mare. (...) Recatosi, poi, a Ilio, fece sacrifici ad Atena Iliaca e, dedicate nel tempio le sue armi, ne prese altre consacrate e rimaste ancora dai tempi dell’impresa di Troia. (...) Vi è chi dice che Alessandro coronasse anche la tomba di Achille.”

“Ed Ettore prese a scappare sotto le mura dei Troiani (...) andavano, essi, correndo oltre la vedetta e il caprifico battuto dai venti, sempre sotto il muro, lungo la carraia (...) così quei due correvano intorno alla città di Priamo con rapidi piedi, per ben tre volte (...) e Ettore ogni volta che cercava di lanciarsi verso la porta Dardania, al riparo delle forti torri, nella speranza che dall’alto lo difendessero i dardi, sempre Achille gli giungeva prima davanti a respingerlo via verso la pianura. Ma l’altro mirava continuamente a volare dalla parte della città”
Libro XII

L’armatura degli eroi si componeva normalmente di gambali con fibbie d’argento, corazza, spada di bronzo con borchie d’argento, scudo, elmo con criniera di cavallo e lancia.
Il mitico scudo di Achille, forgiato da Efesto, è diviso in diversi pannelli dove sono raffigurate, secondo la descrizione di Omero, la terra, il mare e il cielo; la città assediata e la città in pace; l’aratura, la raccolta e la vendemmia; la mandria assalita da due leoni; il gregge al pascolo e la danza; e l’oceano.

Alla base dei 17mila versi dell’Iliade, al pari dei 13mila versi dell’Odissea, vi sono secoli di epica orale. Per i Greci entrambe le opere sono frutto di un solo poeta, il cantore cieco Omero, che descrive un mondo che non esiste: l’azione infatti non si svolge né in epoca micenea, che il poeta non poteva conoscere, né in epoca omerica (l’età protoarcaica).
I suoi eroi sono guerrieri di nobili origini, ma ben lontani dall’essere virtuosi: sono irascibili, permalosi, astuti e violenti. Due erano le regole da rispettare: lo scambio dei doni e l’ospitalità. La trasgressione di questi obblighi poteva scatenare una guerra come quella che il poeta narra appunto nell’Iliade.
Omero (VIII-VII sec. a.C.), poeta epico greco.
Le notizie sulla sua vita sono per lo più contraddittorie e fantastiche, anche se non si può escludere che contengano della verità. Gli antichi ce lo hanno tramandato come un vecchio cieco, autore della rielaborazione dei canti epici, nativo di Smirne, anche se numerose altre città si sono contese i suoi natali. I greci lo considerarono un maestro, il “poeta” e anche la cultura romana ne condivise l’ammirazione come educatore e poeta.
A lui è attribuita la composizione dell’Iliade e dell’Odissea.
La bellissima Elena, figlia del re di Sparta Tindaro - secondo il mito sarebbe invece nata con i fratelli Castore e Polluce dall’uovo di Leda, ingravidata da Zeus trasformatosi in cigno - sposa Menelao, fratello di Agamennone, potente re di Micene. Paride, principe di Troia, figlio di Priamo, invitato alla corte di Micene si innamora di Elena e commette un atto di imperdonabile offesa all’ospitalità: rapisce Elena e, insieme a lei, i gioielli di casa e il tesoro del tempio di Apollo.
I principi greci si alleano per muovere contro i traditori troiani. Tra i condottieri greci, guidati da Agamennone, troviamo Achille dell’Ellade, Aiace della Locride, Ulisse di Itaca, Nestore di Pilo e Menelao di Sparta; sul campo avversario sono schierati Ettore, Enea, Archiloco e Ascanio.
L’assedio si protrae per 10 anni, seminando morti sul campo di battaglia: tra questi Ettore, ucciso in duello da Achille, il cui corpo martoriato viene trascinato nella polvere intorno alle mura di Troia, e lo stesso Achille, vinto dal vile e debole Paride.
Alla battaglia partecipano, in maniera speculare, gli dei dell’Olimpo: Ares, Apollo, Afrodite e Artemide dalla parte dei Troiani; Atena, Era, Poseidone ed Efesto dalla parte dei Greci.
La fine di Troia, l’inganno del cavallo di legno inventato da Ulisse per penetrare nella città, il massacro della popolazione e l’incendio che riduce la città in cenere sono invece narrati nell’Odissea, durante una recita nel palazzo di Nausicaa, principessa dei Feaci.
L’assedio decennale raccontato da Omero si svolge - se guerra c’è stata - in età micenea nel II millennio a.C., all’epoca della costruzione dei grandi palazzi e delle tombe reali della “Micene tutta d’oro”. Tra la fine della civiltà micenea, intorno al XII sec. a.C., e l’epica di Omero del IX sec. a.C., c’è un’età oscura per la Grecia, di cui ci mancano fonti scritte sui movimenti migratori, sui conflitti territoriali e sull’organizzazione politica.
Nel 1200 a.C., all’apogeo della civiltà micenea, la Grecia è dominata da re-pastori, che intrattengono scambi commerciali con i popoli al di là dell’Egeo e vivono in grandi “megaron” all’interno di cittadelle protette da mura ciclopiche. Il potere di per sé non contava nulla se non era accompagnato da azioni belliche di conquista.
Secondo Omero i principi alleati nella guerra contro Troia avevano raccolto un esercito di circa 100.000 uomini e una flotta gigantesca (il solo Agamennone comandava 100 navi), ma nessuna iscrizione sulle migliaia di tavolette rinvenute dagli archeologi concorda su una spedizione congiunta contro una cittadina dell’Asia Minore.
Alcuni studiosi suppongono che si siano svolte numerose guerre, ma brevi, più simili in realtà ad atti di pirateria.

Sono state le antiche leggende, tramandate oralmente di generazione in generazione, a trasformare le gesta degli antichi eroi nell’epica impareggiabile dell’Iliade.

FONTI

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